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Il blog sul Sistema d'Emergenza Sanitaria Nazionale Italiana 118 e il mondo del volontariato del soccorso(ANPAS,CRI,MISERICORDIE)

sabato 19 dicembre 2009

La lezione del volontariato che lo Stato non riesce a capire

Da Corriere della Sera (4/12/09)

«Si dovrebbe pensare più a far bene che stare bene: e così si finirebbe anche a stare meglio». Vengono in mente Manzoni e i «Promessi Sposi» nel giorno in cui a Roma si riuniscono gli Stati generali del volontariato, con i protagonisti di quella che il presidente Napolitano chiama l'Italia migliore: c'è un grande bisogno di pratiche e di esempi positivi in questo Paese, di sogni che diventano progetti utili e concreti.


Questa è una buona occasione per riflettere su quanto va cambiato e migliorato, sia da parte dello Stato che da parte del volontariato, per rendere più forte e attiva la rete del civismo e della solidarietà. È opinione diffusa che i volontari svolgono un’attività preziosa nel tenere insieme un tessuto sociale sempre più sfilacciato, ma raramente trovano un sostegno serio ed importante negli enti pubblici locali. Troppi Comuni applicano in modo perverso il principio di sussidiarietà: tendono cioè a fare tutto direttamente, chiedono aiuto alle associazioni di volontariato solo quando non ce la fanno da soli. Questo è un modo rovesciato di intendere il principio di sussidiarietà nel sociale, perché alza i costi degli interventi e ne diminuisce la produttività e l’utilità. Il modo corretto dovrebbe essere di lasciar fare le cose a chi è sul campo, vicino al problema ed ai bisogni, e sostenere in modo serio e sistematico le azioni di pubblica utilità.

Il volontario oggi non è un intruso che si intrufola nei vuoti lasciati dallo Stato, ma fa cose che lo Stato non è (e non sarà mai) capace di fare. E le fa molto più economicamente dello Stato e degli enti locali (per vari motivi ed in primo luogo per il grandissimo valore economico apportato dai membri del volontariato non retribuiti e per una generale sobrietà di stipendi e di costi generali). Quale Stato potrebbe svolgere l’attività di assistenza domiciliare ai malati terminali di cancro come la svolgono a Milano, in modo altamente professionale e umano, Vidas e Floriani? Quale Stato potrebbe accogliere in case di accoglienza i giovani che escono dal carcere minorile Beccaria come fa don Gino Rigoldi, per cercare di evitare che al Beccaria o in qualche carcere per adulti i giovani che ne escono vi ritornino? Quale Stato può fare quello che sta facendo, con le sue cooperative di lavoro e l’appoggio di privati riuniti dall’Associazione l’Altra Napoli, don Antonio Loffredo al quartiere della Sanità, che sta letteralmente cambiando faccia?

Dietro questi fasci di luce, che non sempre vediamo, ci sono spinte ideali che meritano attenzione, c’è un elenco infinito di buone pratiche a favore di minori, anziani, disabili, extracomunitari, senzatetto. Per tutto questo è giusto pretendere non un’elemosina, ma una contribuzione, un corrispettivo solido, stabile, affidabile, che permetta di programmare e lavorare con una certa sicurezza. Lo Stato non ha ancora capito che onorare puntualmente il 5 per mille non è dare un’elemosina, ma fare un’operazione economicamente e socialmente vantaggiosa. Accanto alle ottuse inadempienze dello Stato i rapporti restano, in genere, insoddisfacenti anche con gli enti locali che gestiscono gran parte dei servizi sociali. Quando affidano questi servizi all’esterno, spesso le burocrazie locali preferiscono accordarle ad affaristi del settore o in base al principio di affiliazione perché così lucrano bustarelle o altre utilità. Se affidassero, in modo sistematico e programmato lavori di assistenza sociale, manutenzione urbana, servizi vari alla persone e di promozione turistica, a cooperative di giovani create e guidate da quelli che si possono anche chiamare «angeli della speranza», la città ne trarrebbe enormi benefici, economici, sociali, occupazionali, morali.

Formulate le giuste e necessarie critiche allo Stato e agli enti locali, il settore però deve essere capace anche di una seria autocritica. Ci sono errori da correggere che vengono dal passato, come il non aver rivendicato, con dignità, un ruolo importante per il buon funzionamento della società e dell’economia, accontentandosi di un ruolo subordinato, basato su elemosine piuttosto che su dovuti corrispettivi per la funzione svolta (come dovrebbe essere il 5 per mille). E poi: la precarietà finanziaria; la scarsa managerialità; l’inquinamento politico ideologico; l’eccessiva frammentazione; la grande confusione tra i vari soggetti che rientrano, in modo ormai troppo indistinto, nel concetto di terzo settore.

L’inquadramento serio, costruttivo e impegnato del volontariato nell’ambito dell’economia e della società italiana è tema di grande interesse nazionale anche perché tanti sono i giovani che, attratti verso il settore dalla spinta di una visione generosa della vita, devono trovare un ambiente che ne favorisca la crescita umana e professionale, che non li umili e li respinga. In un Paese dove spesso la sopraffazione e l’appartenenza (alle varie cordate) sembrano paganti, la lezione dei volontari ci insegna che generosità, onestà e altruismo restano valori fondamentali per riempire di fiducia e di speranza la vita e il futuro di un Paese.

Giangiacomo Schiavi e Marco Vitale
04 dicembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere.it


E grazie alla mia amica Martina per la segnalazione dell'articolo!

1 commenti:

chiara ha detto...

Dobbiamo dire grazie ai volontari...meno male che ci sono loro!!!Sono una risorsa veramente importante ma purtroppo sottovalutata!!

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